giovedì 15 aprile 2010

La pace nella vita quotidiana secondo Ramesh

Non servono molte parole per introdurre un maestro come Ramesh Balsekar, già conosciuto e amato dai lettori italiani. La sua grazia e compassione, unite ad un raffinato intelletto, hanno permesso a migliaia di ricercatori sia orientali, ma soprattutto occidentali, di avvicinarsi all’antica tradizione dell’Advaita.
“Pace e armonia nella vita quotidiana” è forse uno dei libri in assoluto più interessanti per cogliere questo messaggio nella sua dimensione per così dire “più pratica” e quindi più intrigante per chi ha magari ascoltato da altri insegnanti e maestri il concetto che non esiste nessuno nella forma se non Coscienza, ma non lo ha ancora potuto integrare nella propria quotidianità. Il grande saggio di Bombay, che per anni ha accolto nel suo salotto ricercatori provenienti da tutto il mondo, sembra quasi anticipare le domande che il lettore potrebbe porre sul messaggio di non dualità e risponde ad ogni possibile obiezione con inattaccabile chiarezza e deliziosa ironia.

Detto questo, vale la pena di spendere giusto due parole per chiarire alcuni punti che i lettori potrebbero trovare interessanti nel confrontare il messaggio di Ramesh con quello di altri maestri contemporanei. Ramesh cita più volte l’esistenza di un ego nel saggio (colui che ha compreso profondamente e totalmente l’assenza di un individuo nel corpo-mente) in quanto egli ancora risponde al suo nome se chiamato, citando a proposito anche Ramana Maharshi che si voltava laddove qualcuno lo chiamasse per nome. Ramesh sottolinea che il saggio sa che chi apparentemente sta chiamando e chi apparentemente risponde sono in realtà un’unica Coscienza, ma vuole sottolineare come non sia l’identificazione, diciamo “funzionale”, con il corpo-mente la ragione della sofferenza umana, bensì il concetto di essere gli autori delle azioni con tutto ciò che questo comporta. Si tratta di una distinzione interessante che può forse placare i dubbi di coloro che possono intravedere nella impersonalità del messaggio dell’Advaita il rischio di una specie di “apatia” nei confronti della vita o persino il pericolo di non essere più funzionanti a livello sociale. In realtà l’ego è già solo un concetto, come ripete Ramesh, e quindi tutto quello che si dissolve nella comprensione è un’idea che porta sofferenza. È già e solo la Coscienza ad agire attraverso la forma, tramite quella che lui chiama la “programmazione” del corpo-mente, ovvero i condizionamenti sociali uniti alle caratteristiche genetiche della forma. È sempre e solo la Volontà Divina ad agire: un Dio che non è certo un’entità antropomorfizzata, ma il nostro vero “io” che si muove da una mente globale, non più divisa dal concetto di separazione.

Un’altra interessante argomentazione posta da Ramesh riguardo al fatto che la ragione della sofferenza sia solo un’idea è la sua peculiare distinzione tra “dualità” e “dualismo”. La prima è la radice dell’esistenza stessa, il motore della vita in quanto tale: la manifestazione si innesta su un principio di positivo e negativo, femminile e maschile, di polarità contrapposte che si completano e si annullano a vicenda. Il “dualismo” è invece l’identificazione con solo una parte di questa polarità, con tutta la sofferenza che tale parzialità comporta: lo scegliere un “bene” contro un “male”, senza coglierne l’assoluta perfezione nello schema generale della manifestazione. Ovviamente è solo il dualismo che deve essere superato attraverso la comprensione, laddove invece la dualità è compresa e accettata dal saggio come parte intrinseca della natura fenomenica stessa. Tale accettazione è alla base della pace e armonia in cui saggio dimora.

Infine, vale la pena di menzionare un aspetto forse non molto citato da altri maestri contemporanei di cui Ramesh parla verso la fine del libro. Attraverso le parole del saggio Mukundaraj, Ramesh parla del dissolvimento della realtà oggettiva come risultato finale della comprensione del nostro vero Sé. Citando i vari stadi della Coscienza — stato di veglia, di sogno, di sonno profondo e di osservazione di tali stati (turiya) — Ramesh ci dice che persino questo ultimo stato, quello dell’osservatore, non è il nostro luogo finale di riposo. Ciò che siamo è completamente oltre la relazione soggetto-oggetto, persino se l’oggetto è così sottile come può essere il sonno profondo, che viene in qualche modo “registrato” e “ricordato” al momento del risveglio dalla Coscienza. La nostra vera natura, dice Ramesh, è oltre la Pura Soggettività, è il Vuoto stesso, che coincide con la Realtà Assoluta.

Shakti Caterina Maggi

lunedì 15 marzo 2010

L'avventura del Bardo


Da qualche anno i noto "Libro tibetano dei morti", il Bardo Thodol, è divenuto un testo frequentemente citato negli ambienti spirituali come un manuale guida per aiutare i morenti ad affrontare nel modo più conscio possibile la morte.

Di fatto nella nostra cultura occidentale il processo della morte è divenuto sempre più un tabù. Sebbene giornali, tv, riviste continuamente rimandino immagini di corpi morti, la realtà del processo della morte è spesso confinata negli ospedali o al massimo nelle cure di qualche infermiere privato, ma non è più come in passato un evento normale, che fa parte della nostra quotidianeità.

Se in Occidente persino parlare della morte è adesso un argomento angoscioso e quasi scabroso, in Tibet il processo della morte è riverito come un momento importantissimo della vita di una persona. Partendo dal concetto di reincarnazione, i tibetani insegnano come l’anima del defunto non scompaia per sempre, ma trovi un altro corpo in cui fissarsi ; e così per numerosi cicli di vita morte e rinascita.

Le antiche istruzioni del Bardo Thodol sono in parte complesse per noi occidentali: ecco che la scrittrice Mynavati ci riporta i concetti di questo prezioso testo attraverso un affascinante romanzo, che si rivela un vero e proprio manuale per il viaggio tra morte e rinascita.

Il romanzo, unico nel suo genere, è ambientato nel mondo astrale e dipinge il tragitto della mente inconscia: un tappeto magico che ci trasporta dal Bardo del divenire in tante altre realtà dell’inconscio. Paul, il personaggio principale, si risveglia nel misterioso stadio tra morte e rinascita e, in quella fase di assenza della mente cosciente, riceve gli insegnamenti di maestri del mondo terreno e astrale. L’intreccio ci sorprende di continuo, mentre la vita di Paul si trasforma in un’avventura fuori dell’ordinario che culmina faccia a faccia con l’Assoluto.

Mynavati ci fa conoscere mondi intermedi, e ci trasporta dal Bardo del divenire in tanti altri piani esistenziali, descrivendo minuziosamente l’avventura dell’anima che nessuno ricorda perché rappresenta lo stadio in cui la mente cosciente è assente. Per avvalorare i racconti, l’autrice include i rari sottili consigli e le direttive dei suoi saggi Maestri su come prepararsi ad affrontare il viaggio e abbreviarne il tragitto.

La scrittrice ha raccolto le sue conoscenze grazie alla frequentazione di vari maestri orientali. Ha ricevuto l’iniziazione al Bardo dal Karmapa, il Dodicesimo Tai Situ Pa, Gyalstop Rinpoche, e Ringu Tulku Rinpoche. Ha studiato inoltre con maestri di Advaita come Poonjaji.

Oltre che ricollegarsi alle sue personali esperienze in astrale, Mynavati chiarisce dettagliatamente la straordinaria avventura dell’anima durante lo stadio intermedio prima di reincarnarsi sulla terra, spiegata anche nel Libro tibetano dei morti.
Un’esperienza e un intreccio sorprendenti e unici nel loro genere che trasportano il lettore nei meandri dell’inconscio illustrando l’effetto prodotto dai pensieri che vi si registrano, e come trovare la via più diretta per raggiungere la meta senza perdersi nei livelli intermedi.

______________________________________

Link

. Sito di Mynavati
. Il Bardo

venerdì 8 gennaio 2010

Nessuno diventa illuminato



Ecco un breve estratto dal libro di Tony Parsons "The open secret - tutto ciò che è" tra pochissimi giorni anche in libreria oltre che online.

Tony smonta pezzo per pezzo i miti sull'illuminazione e ci mostra come essa sia qualcosa di assolutamente ordinario e sempre accessibile, salvo che per la mente spirituale.

______________________________

Nessuno diventa illuminato



Una volta credevo veramente che le persone diventassero illuminate e che quell'evento fosse simile a qualcuno che vince il primo premio alla lotteria nazionale. Una volta vinto il premio, il beneficiario avrebbe avuto garantita beatitudine permanente, infallibilità e incorruttibile bontà.


Nella mia ignoranza pensavo che queste persone avessero ottenuto e possedessero qualcosa che le rendesse speciali e totalmente diverse da me.

Questa idea illusoria aveva rinforzato in me la credenza che l’illuminazione fosse virtualmente impossibile da ottenere eccetto che per poche persone elette e straordinarie. Questi malintesi sorgevano da qualche immagine che mantenevo riguardo a come dovesse essere uno stato di perfezione. Non ero ancora in grado di vedere che l’illuminazione non ha nulla a che fare con la perfezione. Queste credenze erano grandemente rafforzate nel momento in cui comparavo la mia immaginaria inadeguatezza con l’immagine che intrattenevo di qualunque “eroe spirituale” verso cui in quel momento mi sentissi attratto.


Sento che la maggior parte delle persone vedono l’illuminazione in modo simile. Certamente ci sono state molte persone, e ancora ce ne sono, che cercano di incoraggiare tali credenze e che, in effetti, reclamano di essersi illuminate.


Ora posso vedere come questa sia una dichiarazione senza senso tanto quella di un qualcuno che proclami al mondo di essere in grado di respirare. Essenzialmente la realizzazione dell’illuminazione porta con sé l’improvvisa comprensione che non ci sia nessuno e nulla che si illumini.
L’Illuminazione semplicemente è. Non può essere posseduta, così come non può essere raggiunta o vinta come se fosse un trofeo.


Tutto e ogni cosa sono l’Uno, e tutto ciò che facciamo è metterci di mezzo attraverso il nostro cercare di arrivare a questo uno.
Coloro che reclamano l’illuminazione o prendono tale posizione, semplicemente non ne hanno realizzato la natura paradossale e presumono di possedere uno stato che immaginano di aver raggiunto.

Essi hanno probabilmente avuto una profonda esperienza personale di qualche natura, ma questa non supporta assolutamente nessuna relazione con l’illuminazione.
Di conseguenza resteranno ingabbiati nei propri concetti individualistici basati sul loro particolare sistema di credenze.


Queste persone hanno spesso bisogno di intraprendere il ruolo di “insegnanti spirituali” o “maestri illuminati” e inevitabilmente attraggono coloro che hanno bisogno di essere studenti o discepoli. I loro insegnamenti, ancora radicati nel dualismo, promuovono una netta e incolmabile scissione tra l’“insegnante” e chi segue l’insegnamento. Quando il seguito dell’insegnante cresce, anche il ruolo esclusivo del maestro ha bisogno di essere esaltato.


Uno dei sintomi più classici, quando tale ruolo è stato adottato, è di evitare qualunque ammissione o segno di “umana debolezza”. Inoltre di solito si crea una maggiore distanza tra il “maestro” e i suoi seguaci.

Man mano che l’essere speciale del “maestro” diventa sempre più effettivo e le richieste da parte dei seguaci divengono sempre più grandi, invariabilmente gli insegnamenti diventano più oscuri e contorti.

Quando l’oscurità degli insegnamenti cresce, anche la scissione diventa più ampia e molti dei seguaci spesso diventano più confusi e sottomessi. L’effetto tipico su coloro che ne restano coinvolti può essere di indiscussa adulazione, disillusione, o un risveglio e un andare oltre.


Comunque, questo tipo di influenze si sono affermate e hanno mantenuto un senso illusorio di dubbio e inadeguatezza nell’inconscio collettivo riguardo alla capacità delle persone di realizzare e permettere qualcosa che è naturale, semplice e disponibile come il respirare.


Coloro che hanno pienamente compreso e abbracciato l’illuminazione non hanno assolutamente nulla da vendere. Quando condividono la loro realizzazione, non hanno bisogno di abbellirsi o di abbellire quello che condividono. Né hanno alcun interesse nell’essere delle madri, dei padri o degli insegnanti.

L’esclusività alimenta l’esclusione, mentre la libertà è condivisa attraverso l’amicizia.


Tony Parsons ("The open secret-tutto ciò che è", © Laris Editrice 2009)

________________________________

Altri articoli

mercoledì 6 gennaio 2010

Gesù, un ribelle palistinese


Negli ultimi anni sono usciti molti libri e pubblicazioni che hanno messo in discussione la verità storica della figura di Gesù così come è stata tramandata dalla Chiesa. La scoperta dei cosiddetti "rotoli di Qumram" nel 1947 e nel 1956 in alcune caverne sulla riva nord-occidentale del Mar Morto sono gli unici testi biblici finora conosciuti precedenti al 100 D.C, ovvero in un epoca coeva a quella di Gesù.

Il ritrovamento, accaduto in modo assolutamente fortuito da un pastorello palestinese, ha gettato non poco scompiglio tra le autorità accademiche e quelle religiose. La località dei ritrovamenti era stata sede della comunità monastica degli esseni, che oltre all’ascetismo praticava la copiatura dei testi sacri appartenuti ai loro antenati israeliti. I monaci del Mar Morto produssero in pochi decenni una grande quantità di testi, poi nascosti in grandi anfore per salvarli dall’occupazione romana del 70 d.C.

In seguito alla fortunata scoperta, archeologi di tutto il mondo avviarono una grande campagna di scavi nell’intera zona desertica, rinvenendo ben 11 grotte, che custodivano, da quasi venti secoli, numerosi vasi e migliaia di manoscritti delle Sacre Scritture israelitiche, arrotolati e ben conservati.

La comunità Essena avrebbe secondo alcuni avuto una importante legame con la figura di Gesù, la cui veridicità storica sembra acquisire sfumature diverse da quelle consuete. Secondo Giancarlo Rosati, autore di "Gesù, ribelle palestinese" Gesù cercò di sfidare la stabilità d’Israele e nel farlo "cambiò la storia del mondo fino ai giorni nostri e potrebbe ancora cambiarla se solo si interpretasse in modo diverso il suo insegnamento".

Seguendo la pista dei vangeli gnostici Rosati traccia un Gesù che avrebbe attinto nella condivisione del suo messaggio a insegnamenti di dottrine più antiche, dando al lettore la possibilità di trovare un filo condutto
re con la tradizione buddista, indù e quella pagana. L'invito di Rosati è quello di dare risalto alla possibilità di un cammino spirituale che accomuni le verità fondamentali delle differenti religioni a scapito di un oscurantismo dogmatico che può causare divisioni e conflitti.

Secondo Rosati Gesù sarebbe un maestro illuminato che lungi dal dividere la realtà materiale da quella spirituale avrebbe invitato a scoprire Dio in ogni cosa offrendo la possibilità di cogli
ere l'unità nella molteplicità della manifestazione.



__________________________________________________

Links

martedì 5 gennaio 2010

Il qui e ora di Lino Rosi




Qui e Ora è un libro scritto con la semplicità di chi non desidera tanto intellettualizzare ciò di cui parla quanto comunicare il più possibile con freschezza e sincerità la rivelazione d'amore che lo ha investito. Ne pubblichiamo qui un breve estratto.

_____________________________________

L’amore la forza creatrice più dinamica forte e sicura. E' quella che garantisce sempre e comunque una riuscita ottimale, anzi perfetta in ogni cosa della sorgente che desidera manifestarsi o desideri creare. Ora perché Dio abbia voluto creare, abbia voluto porre tutto questo universo di cose davanti ai tuoi occhi o per meglio dire metterti all’interno di questa infinita serie di cose che è rappresentazione di Dio, resta nel suo più profondo una sorta di mistero, non sappiamo la vera ultima ragione che spinge il creatore a creare però noi sappiamo molto sappiamo che per puro e semplice motivo di assecondamento della sua natura, cioè “Amore” inevitabilmente l’amore porta alla creazione. Possiamo immaginare che in un certo momento della sua esistenza, immerso nel nulla assoluto, Dio abbia sentito la necessità di palesarsi da uno a molti, può essere che si sia annoiato e abbia sentito la necessità di scindersi in più parti, comunque ha deciso di manifestarsi attraverso la materia: quello che oggi sei tu.
(da "Qui e ora" di Lino Rosi @ Laris editrice 2009)