giovedì 22 ottobre 2009

Conferenza sull'Advaita e la spiritualità contemporanea


Negli ultimi anni l'Advaita Vedanta (non dualità) ha raccolto l'interesse non solo di ricercatori di vecchia data, ma anche di persone nuove al mondo
della spiritualità e della meditazione.
Questo è stato possibile grazie ad
interlocutori che hanno saputo rispondere alle domande e alle questioni tipiche della nostra era, come l'esigenza di trovare un equilibrio e una
pace in una quotidianità spesso caotica e fonte di stress.
Ecco il tema di una conferenza organizzata dall'Associazione Light e da Laris Editrice che si terrà il 2 novembre alle 21 all'Auditorium San Sisto in via Carlo Alberto a Bergamo (quartiere Colognola).

Queste voci moderne sono di maestri come Ramesh Balsekar, Tony Parsons e
altri che pur in linea con l'antica tradizione dell'Advaita Vedanta, parlano
un linguaggio occidentale e si relazionano con un approccio non religioso e
non filosofico alle domande fondamentali sulla vita e su noi stessi.

Nessun cammino progressivo, nessuno stato da raggiungere, nessuna purificazione necessaria. La verità che ogni ricercatore spirituale ricerca, la risposta alla domanda "Chi sono io?" è infatti già presente al 100%, ma è ignorata a causa dell'identificazione col il corpo-mente, con l'ego. I maestri dell'Advaita indicano infatti che ciò che siamo è quella consapevolezza che osserva questo chiedersi. La risposta a questa eterna domanda è proprio quell'Io che testimonia ogni cosa, un "Io" che è pura consapevolezza, priva di ogni di attributo o qualità e perciò in grado di riconoscere qualunque qualità possibile di qualunque accadimento, sia esso apparentemente interiore che esteriore. Nel riconoscere questa nostra identità, questa natura originale del nostro Essere, la falsa identità si dissolve. Quello che si dissolve è l'ego, ovvero il concetto di essere un corpo-mente separato, un ricercatore spirituale, o più in generale un individuo. In altre parole la risposta alla domanda "Chi sono io?" porta alla fine non solo della ricerca, ma del ricercatore stesso.

Illuminazione o risveglio è dunque questa realizzazione, ovvero che non esiste un ricercatore, ma solo una azione di ricerca che accade nel vuoto dell'Essere. La ricerca dunque finisce, non perchè riceva una conclusione, ma perchè si riconosce che essa sorge, continua e finisce in quell'"Io" eterno che è la verità cercata.


Alla conferenza parteciperà anche Bodhi Avasa, maestro risvegliato che condivide il riconoscimento del Sé da oltre 40 anni con seminari e incontri tenuti in Europa, Stati Uniti e Canada. Sarà possibile per i partecipanti fare domande direttamente ad Avasa sulla visione dell'Advaita.


Per informazioni e prenotazioni tel. 035- 230494
oppure mail info@libreriashesat.net










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Links

- "Non più confusione" di Ramesh Balsekar
- "A chi importa?" di Ramesh Balsekar
- "The Open Secret" di Tony Parsons
- Sito di Avasa


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- Avasa, l'ordinarietà di un Buddha
- Muore Ramesh Balsekar
- Nuova Collana Advaita

lunedì 5 ottobre 2009

Avasa, l'ordinarietà di un buddha

"Tutto è un'unica Coscienza ininterrotta".

In modo semplice, ordinario e diretto Bodhi Avasa condivide un messaggio che è lo stesso di ogni altro maestro, ovvero ciò che tu sei è Coscienza, che vive attraverso ogni forma.

Schivo ad ogni tipo di gerarchia spirituale tipica del tradizionale rapporto maestro-discepolo, Avasa smonta ogni genere di etichetta che la mente pone sulla parola illuminazione, rendendo questo evento così straordinario disponibile e accessibile per chiunque sia sinceramente interessato a realizzare chi è. Questo maestro del Galles, ma di origini indiane, indica come l'Illuminazione stia accadendo in massa come unica possibile risposta alla sofferenza e al senso di separazione.

A breve Avasa sarà presente in Italia con una serie di incontri a Milano, Torino e Bergamo e un ritiro a fine mese sul lago di Garda.

Ecco un breve estratto di un'intervista che Avasa ha rilasciato in concomitanza con l'uscita della collana Advaita Vedanta di Laris, di cui sarà presto autore.
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Domanda -"Che cosa è la Verità? Molte persone sembrano dire di avere raggiunto la “verità”, ma spesso dicono cose molto differenti tra loro…esiste UNA verità?


Avasa - Ciò che non cambia mai è Verità, tutto ciò che esiste è in stato di costante cambiamento, nulla è mai uguale due volte; ma ciò in cui tutto cambia è, in sé, immutabile. Ciò che è immutabile è Verità. L’esperienza umana è capace di conoscere l’esistenza del cambiamento perché quell’Uno, che fa esperienza della Vita attraverso e in quanto forma umana, è in sé immutabile, è l’Eterno stesso.

Non si può raggiungere la Verità si è già questa Verità, ciò che è immutabile, l’Eterno. La Verità, quindi, non è da un’altra parte, pronta ad essere raggiunta. Non è necessario un cambiamento nel tempo per vedere ciò che uno è sempre, si è già ciò che si andava cercando.

Quest’Uno che sta facendo esperienza di questa creazione chiamata Vita, che è la propria azione che si manifesta, è sempre lo stesso. Quest’Uno è immutabile e quindi è la Verità.


Domanda - La mia mente parla continuamente, giudicando ogni cosa che accade, comparando e così via. Ho provato vari tipi di pratiche e meditazioni per fermare la mente, ma al di là di piccoli momenti di silenzio non sono riuscito a zittirla. Cosa posso fare? Nell’illuminazione la mente è sempre silenziosa?



Avasa - Volere una mente silenziosa proviene dalla mente, dalla memoria; sorge dall’intuizione che il silenzio è ciò che ci è più naturale.

Sappiamo intuitivamente che il silenzio è presente, grazie alla nostra memoria di un tempo nell’infanzia in cui vedevamo il mondo attraverso occhi silenziosi senza giudizi, quindi senza la sensazione di essere separati da ciò che era visto. A volte non c’era un me e una cosa vista, solo l’Uno.

Questa memoria, che fa sorgere il desiderio di essere in silenzio, di essere silenzio stesso, proviene dal fatto che intuitivamente sappiamo che il silenzio è là dove la mente, nei nostri primi anni, si ritirava, dopo aver fatto il lavoro che era necessario al momento. Il silenzio è ciò che intuitivamente sappiamo di essere.

La mente è uno strumento della nostra vera natura, ma a causa del condizionamento è stata portata a credere di essere il maestro. Quando la mente riconosce di nuovo ciò che è precedente ad essa, allora diventa felicemente obbediente. Appare quindi solo quando le circostanze del momento richiedono che essa si attivi e poi, di nuovo, ritorna al silenzio inattivo che ne è la sorgente.

Tutte le meditazioni insegnate e quindi imparate, sono mente; sono basate sulla memoria, con l’intenzione da parte della mente di essere in controllo dello zittire quell’attività che è la mente. E’ per questa ragione che esse richiedono sforzo, che quindi porta l’attivazione deliberata della mente. La meditazione intenzionale, che è il desiderio di fermare l’attività della mente, viene dalla mente; proviene dalla non-accettazione di ciò che è.

Troppo focus sulla mente, come se essa fosse un problema, porta ad essere in difficoltà con quella attività che è conosciuta come mente.

La mente va a riposo quando è riconosciuto ciò che è precedente all’azione di ciò che chiamiamo mente.

Domanda -Cos’ è l’accettazione?


Avasa- Accettazione è arrendersi, una resa della mente che cerca di elaborare un modo di arrivare alla non mente.

Questo di certo non può essere compiuto dalla mente stessa, se è la mente che cerca di far arrendere la mente, questa ancora una volta sarà un’azione della mente. Quando l’accettazione accade è la mente ha visto i suoi limiti e riconosce questo come un fatto. Il limite è diverso per ciascuno di noi. A volte la resa accade improvvisamente, forse l’intuizione è più predominante; altre volte accade un po’ alla volta in un periodo più lungo, ma quando accade semplicemente accade, non è qualcosa che uno può fare e nessuno la può pianificare preparandosi prima.

Se è un qualcuno che si arrende, allora c’è con il desiderio di avere un risultato, il che chiaramente è un contrattare non è arrendersi. Quando c’è resa, non c’è nessuno che la fa: è una azione della coscienza".

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sabato 3 ottobre 2009

Cosa è l'ego

Forse la parola ego è una delle parole più usate e abusate nell'ambiente spirituale. Spesso infatti è utilizzata senza davvero soffermarsi su cosa in realtà significa.

In questo estratto dal libro "Non più confusione" di Ramesh Balsekar- il grande saggio indiano recentemente scomparso a Bombay- si descrive con precisione cosa sia l'ego, ovvero un concetto con cui la Coscienza stessa si indentifica.

L'ego dunque non è un'entità che deve morire, ma solo un'attività nella coscienza, un'idea. In realtà ciò che siamo è ciò che osserva questo concetto e quindi è già totalmente libero da esso.

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L’ EGO INFAME


Non esiste altro che la Coscienza. Allo stato originale, la Coscienza – o Realtà, Dio, l’Assoluto, il Vuoto, come la si voglia chiamare – non è consapevole. La Coscienza a riposo non è consapevole di Se stessa. Diventa consapevole della propria esistenza solo quando sorge improvvisamente il pensiero “Io Sono”. Questo “Io Sono” è il senso impersonale di essere consapevole; è l’istante in cui la Coscienza a riposo diviene Coscienza in movimento, ossia quando l’Energia potenziale diventa manifesta. Però non si tratta di due cose separate. L’Energia manifesta non emana dall’Energia potenziale. Esiste solo la Coscienza. È la Coscienza stessa a creare l’illusione del mondo-apparente e dell’ego, a percepire l’illusione della diversità in quello che, in verità, è pura Unicità. Sembra difficile capire come l’universo possa esistere nella Coscienza infinita dato che questa dovrebbe trascenderlo. In verità non esiste niente al di fuori della Coscienza; perciò la Coscienza o Dio non può essere altro che immanente in ogni cosa che sembra esistere. Tuttavia, non può esservi alcuna relazione tra manifestazione fenomenica e Coscienza, dato che una relazione esiste soltanto tra due entità diverse. In questo senso, la Coscienza trascende l’universo manifesto. L’universo esiste nella Coscienza come in potenza esistono le onde che sorgono dalle acque di un mare calmo.
Nell’universo manifesto ogni cosa è il prodotto della Coscienza, sia quando si vive nell’illusione in cui la manifestazione appare come “reale”, sia dopo la realizzazione della Verità. Non siamo, e non siamo mai stati, altro che un prodotto della Coscienza. Sarebbe forse più facile “comprendere” la Verità se potessimo concepire che non è mai esistito un “noi”, e che tutto ciò che esiste, ed è sempre esistito, è unicamente la Coscienza o Dio. Più o meno coscientemente, riteniamo d’essere degli esseri senzienti e quindi separati dalla manifestazione; “noi” siamo il soggetto e il resto della manifestazione è l’“oggetto”.
In realtà, questo “noi”, in quanto fenomeno manifesto, è parte integrante dell’universo manifesto. Riteniamo d’essere entità separate perché prendiamo coscienza dell’universo apparente tramite la qualità di giudizio delle nostre facoltà cognitive. Questo “giudizio” è un aspetto della Coscienza stessa, per questo motivo non possiamo liberarci dal concetto di essere separati dall’apparenza manifesta. Non appena realizziamo che non siamo entità separate, bensì la Coscienza stessa con qualità di giudizio che funziona come mezzo per conoscere la manifestazione, l’illusione della separazione (che è la causa della sofferenza e della limitazione) svanisce. A questo punto sorge la chiara comprensione intuitiva che, dato che non siamo manifesti, siamo il Noumeno, e in quanto manifesti siamo apparenza (non separati più di quanto lo è la sostanza dell’oro dalla forma dei gioielli). La manifestazione nasce dal Non-Manifesto e, a tempo debito, si fonderà nuovamente in esso. In qualità di individui, gli esseri umani sono del tutto irrilevanti, personaggi illusori su un palcoscenico del sogno che chiamiamo “vita”.

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venerdì 2 ottobre 2009

L' Io che non esiste

"Chi sono io?", ecco la domanda che Ramana Maharshi- uno dei più famosi guru indiani del secolo scorso- suggeriva di porsi.

Una domanda che non mirava ad avere una risposta oggettiva, ma a mostrare come nella ricerca di questo Io ciò che si scopre è che esso non è un qualcosa di tangibile, ma il vuoto osservatore della domanda stessa.

"Io" è dunque pura Coscienza.

Ecco un estratto dal libro "A chi importa" dove Ramesh parla dell'Io e dell'invito di Ramana.

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L’autoanalisi – Chi sono io?

RAMESH – Molti mi domandano se Ramana Maharshi aveva dei principi fondamentali. Certo che ne aveva, per esempio la domanda:
“Chi sono io?”. Dato che Ramana Maharshi parlava in tamil, non sarebbe neppure giusto tradurre la sua domanda con “Chi sono io?”, ma “Chi è questo io?”, oppure (questa è la mia interpretazione) “Esiste questo io?”.

Quando arriviamo alla conclusione che nessuna azione è realmente ‘nostra’, l’intelletto non presenta più questa domanda, ma sorge invece spontanea dal profondo dell’essere. Se non siamo noi a fare o ad agire, chi è questo ‘io’? Esiste davvero? Chi è questo ‘io’ che occupa tanto spazio nella nostra vita? Ramana Maharshi poneva spesso questa domanda. Se è l’intelletto a porre la domanda, provvederà anche a rispondere; poi creerà dei dubbi e darà altre risposte che creeranno altri dubbi, e via di seguito. È una situazione simile a quella di un cane che si rincorre la coda.

Quando, attraverso l’esperienza personale, si giunge alla conclusione che nessuna azione è veramente ‘nostra’, l’intelletto cessa di fare domande e la risposta sorge dal profondo dell’essere, ossia dalla Sorgente o Dio. È Volontà di Dio che la domanda sorga ed è per Volontà di Dio se state ascoltando e riflettendo su questi concetti. È ancora Volontà di Dio se provate a praticare l’analisi delle vostre azioni.

Possiamo quindi sperare che, per Volontà di Dio, la risposta sorga: “Non è mai esistito un ‘io’ individuale quale autore dell’azione”. Se voi non siete mai stati l’autore delle vostre azioni, neppure gli altri sono mai stati gli autori delle loro azioni.

Se avete ancora dei dubbi, riportate la mente al principio fondamentale: non succede niente che non sia Volontà di Dio ed ogni dubbio si dissolverà.











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giovedì 1 ottobre 2009

Muore Ramesh Balsekar

E' morto pochi giorni fa nella sua casa di Mumbai Ramesh Balsekar, uno dei più grandi saggi indiani di questo secolo, che come pochi ha contribuito a portare in occidente il pensiero dell'Advaita.
La sua umiltà, grazia e chiarezza restano nei cuori di chi lo ha conosciuto e lasciano una eredità inestimabile per tutta l'umanità.

A breve uscirà con Laris il suo libro
"Pace e armonia nella vita quotidiana".
Lo ricordiamo, intanto, con questa intervista.


Madhukar ─ Ti ho già raccontato che Osho affermava di potere utilizzare la propria mente a piacimento, come uno strumento, perché dopo l’illuminazione ne era divenuto il padrone. Nel tuo libro ‘La Coscienza parla’, ho letto che i pensieri arrivano dall’esterno. L’insorgere dei pensieri è un evento impersonale?

Ramesh ─ Sì, non può che essere impersonale. Nessuno può bloccare l’insorgere di un pensiero, perché i pensieri non nascono dall’organismo corpo-mente, ma arrivano dall’esterno, dalla Coscienza. Il cervello reagisce a un pensiero in base alla propria programmazione genetica e culturale. È l’ego che lo personalizza, creando il ‘mio’ pensiero, la ‘mia’ idea o la ‘mia’ azione. Un pensiero è uno stimolo esterno impersonale, al quale segue una reazione da parte delle cellule cerebrali. In tal caso, ‘chi’ può essere il padrone della mente?

Madhukar ─ Ieri abbiamo parlato del ricercatore. Oggi puoi parlare della ricerca?

Ramesh ─ Ogni tipo di ricerca si svolge seguendo un processo assolutamente impersonale, che inizia nell’istante in cui il neonato cerca intuitivamente il seno della madre. La vita non è altro che una continua ricerca, qualsiasi sia l’oggetto della ricerca.

Madhukar ─ E la ricerca spirituale?

Ramesh ─ La ricerca spirituale inizia con un ‘io’ che crede di cercare qualcosa e termina con l’annientamento del ricercatore. È un processo che parte dall’identificazione e termina con la fine dell’ illusione e, per un particolare organismo corpo-mente, può arrivare al culmine attraverso la totale dissoluzione dell’ego. La ricerca inizia, procede, e termina, secondo la Volontà della Sorgente. È molto importante comprendere che l’ego non distruggerà sé stesso, ma viene azzerato dalla Coscienza.

Madhukar ─ Durante la meditazione, sovente mi accade di entrare in conflitto con il mio ego. All’inizio, l’insorgere di pensieri indesiderati mi rende irrequieto, poi mi trovo a giudicare me stesso perché condanno e combatto tali pensieri, anziché accettarli come sono.

Ramesh ─ L’ego trae il proprio nutrimento proprio dalla dinamica dell’opposizione nei suoi confronti. Sottraendo nutrimento all’ego, lo si indebolisce, e la propria comprensione si espande. Per questa ragione, io consiglio di accettare l’ego, e di non combatterlo. Molte persone hanno difficoltà ad accettare il proprio ego, perché gran parte dei libri e dei maestri affermano che è l’ego il problema principale e che voi dovete distruggerlo. Il mio concetto, invece è di non combatterlo, ma di accettarlo. Perché? Perché non lo avete creato voi. La Sorgente ha creato l’ego, e la Sorgente stesso è in procinto di distruggerlo.

Madhukar ─ Sembra che il primo passo sia quando all’inizio si diventa ricercatori - e la ricerca ha inizio. Nel mio caso,e’ stata l’esperienza del satori con Osho.

Ramesh ─ Sì. Il processo della ricerca ha inizio con un individuo che è convinto che si possa ottenere l’illuminazione attraverso i propri sforzi e varie pratiche spirituali.

Madhukar ─ A questo punto non solo il ricercatore desidera l’illuminazione, ma lo ritiene quasi un suo diritto: “Otterrò l’illuminazione, perché mi sto impegnando con costanza”. Io stesso ho creduto di poter forzare l’illuminazione. [ridendo]

Ramesh ─ Lo sforzo e la disciplina spirituale possono andare avanti per anni fino a che il processo della ricerca - la disentificazione –raggiunge lo stadio in cui il ricercatore realizza che l’illuminazione può avvenire ma anche non avvenire. In pratica si arriva alla comprensione intellettuale che non esiste altro che la Coscienza, e non esiste un autore individuale delle azioni. Ma se questa comprensione è totale grazie ad una intuizione nel cuore, dipende soltanto dal volere di Dio.

Madhukar ─ Intendi dire che, a un certo punto, il ricercatore comprende di non potere influenzare in alcun modo l’esito della propria ricerca?

Ramesh ─ Certamente! Il successo della ricerca dipende esclusivamente dalla Volontà di Dio, e dal destino dell’organismo corpo-mente. ‘Nessuno’ diventa illuminato; l’illuminazione avviene in un organismo corpo-mente, grazie alla totale comprensione intuita nel cuore che esiste soltanto la Coscienza.

Madhukar ─ Allora il ricercatore dovrebbe sapere quando si avvicina al traguardo? Esistono segni o sintomi grazie ai quali possiamo capire che stiamo per giungere la termine del nostro cammino?

Ramesh ─ È una buona domanda. Vi è un penultimo stadio, che precede la realizzazione finale. Se mi chiedi quali sono i segni di essere vicini o sulla soglia dell’illuminazione, io ti rispondo che è lo stadio in cui, con distacco da qualsiasi esito, uno si domanda: “L’illuminazione? Che importanza ha? Non ha alcuna importanza”. A questo punto l’illuminazione può avvenire in qualsiasi momento.

Madhukar ─ Come si fa a sapere che siamo prossimi a tale stadio, che precede di poco l’illuminazione?

Ramesh ─ Saprai di essere sulla strada giusta se, nella vita di tutti i giorni, ti scoprirai più tollerante nei confronti delle azioni degli altri. In effetti, se non esistono azioni ‘tue’, come puoi condannare le azioni degli altri? In tal modo la vita si semplifica, perché diventa priva di orgoglio, di giudizio, odio e invidia. Raggiunta questo stadio, saprai che la tua comprensione dell’insegnamento è andata più in profondità.



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Nuova Collana Advaita Vedanta

La collana si propone di raccogliere le voci più importanti del mondo dell’Advaita suggerendo in particolare autori occidentali contemporanei accanto alle voci più accreditate dell’oriente.

La scelta degli autori è basata sull’intenzione di offrire testi di facile accesso per la cultura occidentale, dove la comunicazione del messaggio della non dualità avviene attraverso il linguaggio odierno e non tramite quello della tradizione classica indiana.

La spiritualità contemporanea infatti parla sempre più l’inglese che il sanscrito e sebbene molti degli autori abbiano attinto alla saggezza orientale l’approccio della loro condivisione è completamente in linea con la realtà moderna della vita occidentale. L’Advaita è un approccio strettamente non-religioso e non-filosofico che ha catturato l’attenzione anche di curiosi non sempre legati alla realtà spirituale tradizionale. L’Advaita non offre tecniche o metodi, bensì indica come la Verità, il Divino, il Sé siano già e sempre la nostra vera natura e come l’illusione dell’ego non vada superata attraverso nessun processo di trasformazione o purificazione, ma solo riconosciuta direttamente come irreale e non esistente.

Quindi non solo meditatori e ricercatori di vecchia data si sono trovati a confrontarsi con questi maestri, ma anche persone che non avrebbero altrimenti mai considerato una visione della vita e di se stessi alternativa a quella consueta. E’ soprattutto a questo target di persone a cui la collana intende rivolgersi.

Shakti Caterina Maggi

dir. collana Advaita Vedanta

caterinamaggi@lariseditrice.com


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Link collegati all'articolo

- "The Open Secret" , di Tony Parsons
- "Pace e armonia nella vita quotidiana", di Ramesh S. Balsekar
-"Non più confusione" , di Ramesh S. Balsekar
- "A 'chi' importa? Gli insegnamenti unici di Ramesh S. Balsekar" , di Ramesh S. Balsekar

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Satsang Con Avasa




Incontri con Tony Parsons



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